Artista: Fleetwood Mac, Anno: 1977
Ai Fleetwood Mac non bastano 30 milioni di copie vendute con Rumours, non sono sufficienti brani immortali a distanza di trent’anni e nemmeno composizioni musicali da brividi. Ancora oggi, nonostante tutto ciò che Rumours è ed è stato, i Fleetwood Mac sono snobbati ed etichettati come “un poppino molto indie”.
Per carità, sicuramente questo disco è alla base dell’indie, lo era trent’anni fa quando l’indie non esisteva. Senza sforzo è possibile immaginarsi Christine Mc Vie e Stevie Nicks con i tamburelli a ballare felici sui prati di Woodstock, ma non è questo il punto. Tra le mille forme che il rock assume, il pop rock, o soft rock chiamatelo come volete, i Fleetwood Mac non possono essere tenuti marginalmente.
Per questo motivo e per la recente scomparsa di Christine Mc Vie ho deciso di parlare di questo strepitoso album troppo sottovalutato.
Fleetwood Mac e la rinascita con Stevie Nicks e Lindsey Buckingham
I Fleetwood Mac dopo il glorioso periodo blues-rock con Peter Green a metà anni ’70 si trovano davanti ad un blocco creativo. Green lascia il gruppo e Christine McVie, moglie di John, entra stabilmente nella band. Il gruppo sperimenta molto, ma i risultati sono dischi scialbi e di poco successo come Penguin (1973) e Heroes Are Hard to Find (1974).
Gli anni Settanta portano due profondi cambiamenti nella storia dei Fleetwood Mac. Il primo è il passaggio graduale dal blues tradizionale tipico della seconda metà degli anni ‘60 ad un pop rock camaleontico e trasformista, prima psichedelico e poi sempre più immediato. Il secondo, invece, è l’ingresso di Lindsey Buckingham e Stevie Nicks che sancisce definitivamente la trasformazione di un gruppo interamente inglese, in una band (anglo)americana che punta alla gloria eterna.
Nel 1974, Mick Fleetwood, batterista nonché fondatore della band, decide di ingaggiare Lindsey Buckingham per ri-creare da zero il gruppo e cercare nuova linfa vitale. Lindsey accetta molto volentieri e porta nella nuova formazione anche la sua compagna: Stevie Nicks.
L’impatto dei due nuovi arrivati sulla band è chiaro sin dal primo minuto. Il rock più commerciale e meno d’impatto di metà anni Settanta grazie alla voce e al carisma di Stevie Nicks e all’alchimia di quest’ultima con Christine McVie viene sottoposto a un rapido processo di svecchiamento e rinnovamento.
Brani come Second Hand News, Never Going Back Again e Don’t Stop sono tra i più lampanti esempi di come i Fleetwood Mac concepiscono il rock: un genere molto più accessibile nonché mezzo di libertà, soprattutto rispetto alle relazioni personali che già minavano la band, ed emancipazione, in cui l’approccio rimane sempre blando e allegro senza mai calcare la mano con la distorsione. I componenti dei Fleetwood Mac utilizzarono infatti Rumours proprio per esprimere i sentimenti in merito alle loro travagliate storie d’amore.
Fleetwood Mac e la genesi di Rumours
L’omonimo album (Fleetwood Mc) del 1975 a suo modo è già rivoluzionario, il primo disco della nuova formazione contiene già brani immortali come Rihannon, Warm Ways e Landslide. Per la prima volta il (rock) pop aggiunge una componente metafisica inedita che trasporta l’ascoltatore in un tempo a sé con tamburelli, vocalizzi e tocchi atmosferici. Il disco fa dimenticare velocemente a tutti il mediocre periodo di stagnazione dei Fleetwood Mac, ma l’apice del rinato complesso, purtroppo nuovamente minato da alcuni dissapori e tensioni tra le due coppie, arriva indubbiamente con Rumours…uno dei dischi più venduti di tutti i tempi.
Quando il gruppo si riunisce per lavorare all’album nel 1976, le due coppie sono in crisi: la registrazione avviene in un clima molto teso e scoppiettante, e, infatti, diversi testi, Dreams e Go your own way su tutti, sembrano vere e proprie frecciatine e dialoghi tra i vari componenti della band. Il risultato, nonostante tutte le difficoltà, è un disco innovativo, fresco e melodico, con basi rock, un rock non invadente che emerge nei riff di chitarra e nella struttura ritmica delle canzoni.
Un disco che molti definiscono californiano, non solo perché registrato nello stato a americano, a San Francisco, ma soprattutto per gli impasti melodici delle voci e per la solarità delle melodie.
Rumours come prima cosa è un capolavoro armonico come pochi altri, tutti gli elementi, dai ritornelli agli arrangiamenti, si uniscono e si bilanciano armonicamente con estrema precisione, e inoltre la produzione, altra chicca di questo disco, è capace di esaltare tutti i timbri, tutte le piccole sfumature delle voci e degli strumenti presenti. Le voci di Nicks e Buckingham vengono ulteriormente alzate di tono, laddove il contralto della McVie viene reso ancor più grave e ambiguamente “maschile”. Il risultato? Una confusione di molto gender-fluid che si sposa a meraviglia con l’intento di svecchiare e ammodernare il sunshine-pop e il folk-rock al fine di creare un nuovo sound. L’apparato di produzione di Rumours è così imponente da imporsi come vero e proprio membro aggiunto del complesso, come melodia fantasma insita in tutte le canzoni dell’opera, come un fil rouge che non spezza ma lega ogni singolo brano.
È innegabile che i Fleetwood Mac con Rumours riescano a incrociare tutte le declinazioni del pop e della new wave.

Tracce
Lato A
Second Hand News – 2:56
Dreams – 04:17
Never Going Back Again – 02:14
Don’t Stop – 03:13
Go Your Own Way – 03:43
Songbird – 03:20
Lato B
The Chain – 04:30
You Make Loving Fun – 03:33
I Don’t Want To Know – 03:16
Oh Daddy – 03:56
Gold Dust Woman – 04:55
Second Hand News apre Rumours. È l’ouverture, l’assaggio di ciò che sarà, il preludio, l’inno festoso ed entusiasta scandito dai cori che si destreggiano su accordi cristallini e distorsioni in lontananza. Second Hand News ci regala una melodia country rock molto accattivante, già dalla prima canzone è possibile apprezzare il lavoro di svecchiamento e rimodernamento dei vari generi da parte dei Fleetwood Mac. I cori di Stevie Nicks e Mcvie rendono la canzone ammaliante e unica.
Ho già scritto di come il disco sia un’opera musicale unica, armonica ma diversa; e quindi dopo un breve assaggio ecco di I don’t want to know, che presenta le musicalità tipiche della West Coast americana. Il disco contiene contaminazioni del celebre boogie-woogie in Don’t stop, fino ad arrivare ai pezzi mortali come The Chain, Go Your Own Way e Dreams.
Dreams
Dreams è una delle canzoni più sensuali, intime ed emozionanti di sempre. È il capolavoro dei Fleetwood Mac in Rumours. Questa canzone è il primo e unico numero 1 dei Fleetwood nella classifica americana dei singoli, e la prima canzone di Stevie Nicks esplicitamente sul dopo-Buckingham.
È un’inarrivabile di forma-ballata dal ritmo quasi disco a cui è negato il canonico schema “verse-chorus-verse”, questa intelligente trovata è finalizzata a far diventare Dreams un flusso di coscienza che scorre, lamento di una voce tra gli astri eterei tipici di questo album.
Dreams e Songbird sono due pilastri spirituali di Rumours, due efficacissimi atti confessionali da parte delle cantanti, una soprano (Nicks) e l’altra contralto (McVie).
L’unicità di questo pezzo, e anche di The Chain, sta nel trasformare tutti gli stati d’animo e le emozioni, i fardelli e le preoccupazioni che una relazione destinata a tramontare, ma non ancora effettivamente interrotta, riesce a far vivere alla persona. Paradossalmente è più facile scrivere di “una canzone d’amore buttata via” (grazie Vasco), molto più difficile è scrivere di un matrimonio destinato a fallire, vestendo i panni di una Cassandra.
Thunder only happens when it’s raining
Players only love you when they’re playing
Say…Women, they will come and they will go
When the rain washes you clean, you’ll know
La voce di Stevie Nicks, protagonista assoluta, dapprima sussurrata e crepuscolare, si libera in un ritornello da pelle d’oca intrecciandosi perfettamente con le altre linee vocali. Stevie Nicks è quasi come una sirena che prima ammalia e seduce e poi colpisce l’anima con forza. Infine, nonostante il brano costituisca l’apice melodico e malinconico, esso contiene un messaggio ottimista alla fine.
Non va sottovalutato il lavoro di “tappabuchi” svolto da Buckingham in qualità di arrangiatore: il sapiente uso del pedale del volume, il pianoforte elettrico e i rintocchi di marimba accompagnano e valorizzano ancor di più la voce di Stevie Nicks.
E, ma non vorrei sembrare ripetitivo, il tutto mentre la canzone parla di lui, dell’ineluttabile fine del matrimonio, di un futuro che sarà migliore…lui assiste e accompagna il Titanic che affonda.
Go Your Own Way
Stevie Nicks non avrebbe mai voluto vedere questo brano tra le tracce di Rumours, perché? Perché se Dreams è la sua versione, il suo punto di vista su quell’ormai ex matrimonio, Go Your Own Way è la requisitoria, l’invettiva di Buckingham nei confronti della stessa Nicks, un j’accuse sulla fine della loro relazione.
Le prime due strofe sono una vera e propria supplica, un ultimo canto d’amore da parte di un uomo ferito verso la sua (ormai ex) donna:
“Loving you isn’t the right thing to do. How can I ever change things that I feel?
If I could, baby, I’d give you my world. How can I when you won’t take it from me?“
Go Your Own Way è quindi una sorta di last dance, il ritornello mette i brividi perché contrappone e dissolve in un battibaleno il nervosismo delle strofe. Se le strofe sono un j’accuse, una vera e propria disamina, il ritornello spezza il tono inquisitorio con un urlo che arriva dal profondo, un grido di disperazione-rassegnazione che dice a Stevie Nicks che ormai può andare fare ciò che vuole, è libera di andarsene e fare le sue scelte, oramai she can go her own way.
Una canzone molto rabbiosa e piena di risentimento (reciproco) che, grazie a una base e una costante sonorità rock, è riuscita a diventare un inno intergenerazionale.
The Chain
Il mood di Rumours ormai è chiaro, il ritornello di The Chain potrebbe essere fatto ascoltare a tutti i neosposi come vademecum.
“And if, you don’t love me now
You will never love me again
I can still hear you saying
You would never break the chain“
The Chain è una delle partiture migliori di Buckingham, anche se il pezzo è stato scritto da tutti i Fleetwood Mac in seduta plenaria. È un pezzo che ha fatto storia e sotto certi aspetti ha influenzato notevolmente le rockband degli anni ’80 su tutti i Dire Straits, folgorati dalla trascinante coda del pezzo e riproposto dalla band di Mark Knopfler in più occasioni.

La stesura a 8 mani coinvolgendo tutti i membri della band è lampante, il pezzo infatti racchiude in sé tutte le diverse anime dei Fleetwood Mac: quella folk di Stevie Nicks, quella più pop di Christine McVie e quella blues-y di Buckingham. È proprio l’anima blues più rurale il punto di contatto comune, ma Mick Fleetwood e i suoi tamburi quasi gotici-apocalittici rendono The Chain un brano sperimentale totalmente nuovo.
La partenza segue una melodia attendista, che però lascia già trasparire un’esplosione. Il crescendo, guidato da un giro di basso decisamente già new-wave, una sorta di assaggio di futuro, impazzisce in un assolo di chitarra che introduce il coro da brividi, dove Nicks e Buckingham si esaltano all’inverosimile (… e chi se non loro?).
Dopo questa selvaggia cavalcata di 3 minuti i Fleetwood Mac sono meritatamente nel mio personale olimpo del pop rock.
Oh Daddy
Oh Daddy è una canzone molto inquieta, è molto subliminale, ma di quel sublime che destabilizza.
Chi è il daddy? È un paparino vero o un pusher? Un paparino edipico o quello che oggi chiameremmo sugar daddy, un vecchio amante? McVie ha dichiarato di avere dedicato il brano a Mick Fleetwood, ma più che gratitudine per ciò che è stato, al contrario, è più immediato leggerci una venerazione e il desiderio di scappare.
“Why are you right when I’m so wrong?
I’m so weak and you’re so strong
Everything you do is just alright
And I can’t walk away from you, baby, even if I tried”
Questi versi a mio parere non sono parole pronunciate da una donna verso il proprio amante, c’è un ulteriore legame che non è puramente emotivo, è quell’amore al guinzaglio, quell’amore che spaventa, quell’amore che, pur cercando con tutte le forze di abbandonare, non si riesce a lasciare andare. Christine qui appare come una anti-eroina totalmente assuefatta e sottomessa a questo misterioso Daddy che domina e ha sempre ragione.
Parole e suoni amplificano questa sensazione, le strofe iniziano quasi sussurrate, come se ci fosse timore di parlare, i tocchi di pianoforte non sono allegri alla Elton John, sono rintocchi che scandiscono il dolore…è come se ci fosse una catena, a chain, che in in nessun modo non si riesce a spezzare.
Recensione
Sono/siete arrivati alla fine, cercando di riassumere tutto quello che Rumours rappresenta basterebbe dire che è un album pop rock incompreso, in assoluto il miglior album dei Fleetwood Mac. Un album che ha venduto 30 milioni di copie, che ha fatto la storia e soprattutto che ha influenzato anche le rock band del decennio successivo.
Rumours è un capolavoro perché prende più generi, li svecchia e li trasforma, inserisce elementi acustici e metafisici, trasporta chiunque ascolti questo splendido album in una dimensione a sé, senza tempo e senza spazio, una dimensione eterea dove calma e rabbia sono in perenne, ma precario, equilibrio.
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