Let it Bleed

Let it bleed Rolling Stones

Artista: The Rolling Stones. Anno: 1969.

Ci sono domande alle quali è difficile rispondere: “Vuoi più bene a mamma o a papà?”, “E’ più buona la pizza o il gelato?”, “Preferisci Gimme Shelter o You can’t always get what you want?”. Per rispondere a quest’ultima domanda è necessario approfondire Let it Bleed dei Rolling Stones!

La musica rock è un grande romanzo fantasy con alieni, stregoni, principi dell’oscurità e demoni dell’inferno, ma, come vuole la tradizione, in ogni racconto c’è anche la premonizione.

Let It Bleed dei Rolling Stones: la genesi

Let it Bleed, in italiano “lascia che sanguini”, oltre che vago (sì, diciamo vago) “omaggio” alla celebre Let it Be dei Beatles, è un disco per certi aspetti profetico, che anticipa ciò che sarebbe successo 24 ore dopo la pubblicazione. Al festival di Altamont, voluto dai Rolling Stones in risposta a Woodstock, gli Hell’s Angels, incaricati della sicurezza, uccisero un fan afroamericano perché, secondo loro, aveva estratto una pistola e la puntava verso Mick Jagger. Ecco, quindi, che la band inglese venne considerata quasi alla stregua di Lucifero, e diciamo che Sympathy for the Devil non aiutò. Il “sangue”, che nel titolo doveva essere lasciato scorrere, non era solo quello del giovane fan di Altamont e le accuse di satanismo, ma anche quello che di Brian Jones, membro fondatore degli Stones, che morì poco dopo.

Ma facciamo un passo indietro e andiamo per ordine.

Let it Bleed è un album speciale per i fans dei Rolling Stones, non solo per le stupende canzoni in esso contenute, ma anche perché segna la fine della prima grande era degli Stones. Questo disco, infatti, è l’ultimo di Brian Jones con i Rolling Stones, che decisero di allontanarlo in quanto ormai segnato dall’uso di droghe e descritto dagli stessi membri come un pericolo e poco collaborativo negli equilibri della band. Non solo, è anche il primo disco con Mick Taylor, chiamato proprio a sostituire Jones, che morirà dopo solo un mese dopo l’allontanamento. La transizione da Brian Jones a Mick Taylor è evidente, infatti il primo compare solo nella splendida You Got the Silver.

This record should be played loud”, così c’era scritto sotto la copertina del disco: ed è vero! Il disco presenta elementi rock, hard rock e blues, una gioia per le orecchie e anche per l’anima.

I Rolling Stones ad Hyde Park. Da sinistra verso destra: Bill Wyman, Charlie Watts, Mick Jagger, Mick Taylor e Keith Richards.
I Rolling Stones ad Hyde Park

Tracce

Lato A

Gimme Shelter – 4:30

Love in Vain – 4:19

Country Honk – 3:07

Live with Me – 3:33

Let it Bleed – 5:27

Lato B

Midnight Rambler – 6:52

You Got the Silver – 2:50

Monkey Man – 4:11

You Can’t Always Get What You Want – 7:28


Gimme Shelter

Let It Bleed è un capolavoro che rispecchia alla perfezione l’epoca nella quale viene concepito: Gimme Shelter è il grido di paura di coloro che vivono la guerra del Vietnam, la paura che la guerra possa espandersi e di coloro che sono alla ricerca della propria strada dopo la disillusione Hippie. La grandezza di questo brano, che presenta un testo relativamente semplice, sta nel fatto che, nonostante non sia mai stato pubblicato come singolo, Gimme Shelter sia da sempre considerata una delle canzoni più rappresentative della musica rock, tanto che è stato classificato alla posizione 38 della lista delle 500 migliori canzoni della storia.

«Beh, era un periodo molto, molto violento. La guerra del Vietnam. Violenza dappertutto, scontri, incendi, saccheggi e disordini. E il Vietnam non era una guerra come la conoscevamo in senso convenzionale… Gimme Shelter è quel tipo di canzone da “fine del mondo”, davvero. È l’apocalisse; come lo era l’intero album». (Mick Jagger, 1995).

E poi ancora: «Era un pezzo molto paranoico sul mondo che ti crolla addosso, e quindi sul trovare riparo dagli eventi… Quando è stato registrato, all’inizio del ’69 o qualcosa del genere, era un’epoca di guerra e di tensione, e tutto questo confluì nella canzone» (Mick Jagger, 2012).

In questo brano anti-war, Mick Jagger duetta con la soprano Merry Clayton. La Clayton sfoderò una performance da brividi nella canzone, e uno dei momenti più famosi nel brano, forse dopo l’assolo di Keith, è proprio quando la cantante urla: «Rape, murder! It’s just a shot away, It’s just a shot away!». Lei e Jagger terminano la canzone all’unisono con la strofa: «Love, sister, it’s just a kiss away».

Ma l’eccezionale apporto della Clayton non finisce qui, infatti all’incirca al minuto 2.30 la sua voce si spezza due volte nel giro di pochissimi secondi a causa della potenza e dell’intensità del suo canto: la prima volta durante il ritornello alla parola “shot”, mentre la seconda, ancora più d’impatto, avviene sulla parola “murder”. Al ritorno a casa, la cantante ebbe un aborto spontaneo, attribuito da alcuni allo sforzo impiegato per raggiungere le note più acute. Ecco che il bleed ritorna nuovamente in questo disco.

Midnight Rambler

L’anima blues dei Rolling Stones non è mai stata un segreto, anzi, per molti, me compreso, è da sempre un elemento di ulteriore apprezzamento, e questa anima si sente in Love in Vain, brano semi acustico in netto contrasto con l’elettricità del precedente, ma soprattutto in Midnight Rambler, definita da Charlie Watts, fondatore e batterista dei Rolling Stones, il capolavoro di Mick e Keith.
Midnight Rambler è un blues che inizia lento e poi diventa in una frenetica danza che parla dello strangolatore di Boston, Albert Henry De Salvo, che uccise 13 donne tra il 1962 e il 1964. La canzone, oltre che a parlare dell’incidente, sembra voler mettere in guardia gli ascoltatori sugli omicidi: “Don’t you do that”.

Country Honk non è altro che la versione country del singolo Honky Tonk Women, il testo è praticamente uguale eccetto qualche piccola variazione.

Rolling Stones Midnight Rambler

You Can’t Always Get What You Want

Seguono You Got the Silver, con Keith Richards alla voce che ancora oggi canta questa canzone, insieme a Connection, negli stupendi e travolgenti live show dei Rolling Stones, Monkey Man, dove si percepisce un’impronta hard rock, con la voce di Mick che si sforza notevolmente e impazzisce sulle note, e infine You Can’t Always Get What you Want.

Questo brano conclusivo della durata complessiva di quasi 8 minuti vuole riportare i sognatori hippie di Gimme Shelter con i piedi per terra: non puoi sempre avere ciò che vuoi, ma se ci provi, otterrai ciò di cui hai bisogno: “You can’t always get what you want But if you try sometime you’ll find, You get what you need”. La delusione e il ritorno alla realtà senza rinunciare ai propri ideali si capisce ancora meglio nel passaggio successivo “Sono andato alla manifestazione per ottenere la mia giusta dose di abusi cantando ‘sfogheremo la nostra frustrazione se non lo facciamo faremo saltare una miccia da 50 ampère’.
La leggenda metropolitana vuol che “You can’t always get what you want” siano state rivolte a Mick Jagger come risposta alla sua lamentela perché in un pub non potevano preparargli una cherry soda.

Non è un semplice brano, è una vera e propria opera rock con tanto di cori e percussioni.

Recensione

Let it Bleed dei Rolling Stones non è quindi un semplice album ben riuscito, ma è il manifesto dell’epoca che racconta in musica tutti gli stati d’animo dei famosi anni ’68-’69. L’intro del primo e dell’ultimo brano si oppongono e si completano: i riff di chitarra tetra e cupa della disperazione di Gimme Shelter piano piano svaniscono e si trasformano in un coro angelico di voci bianche di You Can’t Always Get What You Want.

La mia canzone preferita di Let it Bleed dei The Rolling Stones

2 commenti su “Let it Bleed”

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